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Clima, la desertificazione colpisce anche il mare PDF Stampa E-mail

La desertificazione legata ai cambiamenti climatici non interessa soltanto le terre emerse, ma anche le profondità marine

Il fenomeno è già stato previsto dagli scienziati, ma due studi dimostrano che la velocità con la quale aumentano i fondali con attività biologica scarsissima o nulla è dieci volte superiore alle previsioni.
Gli studi sono stati pubblicati dalle riviste Proceeedings of the National Academy of Science (Pnas) e Geophysical Research Letters: il primo testimonia che tracce di cambiamenti climatici avvenuti nel passato sono state trovate nella popolazione di un microrganismo fossile, mentre il secondo ha monitorato l'estensione dei deserti biologici, vale a dire le aree degli oceani prive di vita.
La ricerca pubblicata su Pnas si basa sui risultati di campionamenti effettuati al largo della Nord Carolina, sul fondo dell'Atlantico. I ricercatori dell'U.S. Geological Survey hanno verificato l'andamento delle popolazioni di microrganismi marini in corrispondenza ai grandi cambiamenti climatici del passato. «I dati mostrano che la comunità degli abissi è più volte collassata - scrivono gli autori - con la biodiversità almeno dimezzata durante i principali cambiamenti climatici». I fattori che più influenzano l'ecosistema degli abissi sono le variazioni nella temperatura dell'acqua e nella circolazione delle correnti. Uno dei principali eventi catastrofici è stata l'uscita dalla glaciazione che ha comportato l'inizio dell'Olocene, diecimila anni fa, quando le temperature più calde provocarono la perdita di metà delle specie a favore di altre più adatte al nuovo clima.
I cambiamenti in atto diventeranno presto dello stesso ordine di grandezza di quelli dell'Olocene, come dimostra la ricerca fatta tramite le rilevazioni del satellite Nasa Seastar. Uno studio dei cosiddetti deserti biologici, zone dei mari profondi con una bassissima presenza di vita a causa di correnti e salinità ha scoperto che nel solo 2006 queste aree sono cresciute del 15%. «Abbiamo trovato questa tendenza in tutti gli oceani tranne che in quello Indiano - spiega Jeffrey Polovina, autore dell'articolo - e i cambiamenti climatici sono il principale indiziato per questo fenomeno».
I deserti oceanici rappresentano già il 40% dell'intera superficie terrestre, comprese le terre emerse. In queste zone correnti circolari impediscono alle sostanze nutritive del fondo di mescolarsi agli strati superiori, sicché l'attività biologica è minima o, più spesso, nulla. Il riscaldamento della temperatura dell'acqua peggiora la situazione, accentuando la stratificazione. Il fenomeno è già stato previsto come conseguenza dei cambiamenti del clima: «Ma nessun modello aveva previsto una crescità così veloce - sottolinea Polovina - secondo i dati di cui disponiamo, negli ultimi nove anni i deserti si sono espansi dieci volte più velocemente del previsto».

 
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