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INEA: 21,3% TERRITORIO A RISCHIO DESERTIFICAZIONE PDF Stampa E-mail

Le opere per fronteggiare il cambiamento climatico costeranno 7,3 miliardi di euro

Il 21,3% del territorio Italiano è a rischio desertificazione. Lo afferma l'Istituto nazionale economia agraria (Inea) nel rapporto intitolato "Atlante delle aree a rischio desertificazione" pubblicato oggi.

Il 4,3% del territorio italiano (oltre 1,2 milioni di ettari) ha già "caratteristiche di sterilità funzionale", il 4,7% (poco più di 1,4 milioni di ettari) è già ora "sensibile a fenomeni di desertificazione" mentre il 12,3% (circa 3,7 milioni di ettari) "può essere considerato vulnerabile alla desertificazione".

Secondo il rapporto dell'Inea, oltre la metà (51,8%) del territorio italiano è potenzialmente a rischio siccità. Il problema riguarda interamente le regioni Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campanile e parte delle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Toscana, Marche e Umbria.

Secondo il rapporto "Agricoltura irrigua e scenari di cambiamento climatico: stagione irrigua 2006 nel Centro-Nord", anche questo appena pubblicato dall'Istituto, le opere necessarie al prossimo piano irriguo decennale prevedono una spesa complessiva di circa 7,3 miliardi di euro.

"Gli scenari ipotizzati - spiega l'Inea - evidenziano una più o meno graduale modifica dei cicli idrogeologici": la disponibilità complessiva d'acqua utilizzabile potrebbe ridursi o comunque registrare una "diversa distribuzione spazio-temporale". Questo implica la "necessità di attuare politiche di mitigazione del cambiamento climatico e di individuare meccanismi di adattamento alle mutate disponibilità di acqua".

"Le temperature tenderanno - continuano i ricercatori - ad aumentare, ma anch'esse potrebbero subire modifiche di andamento, con maggiori e inattesi sbalzi rispetto ai valori medi delle diverse stagioni. È evidente che l'agricoltura, che rappresenta l'attività produttiva maggiormente integrata nel mondo naturale, potrebbe subire effetti notevoli".

"Probabilmente saranno necessarie misure di adattamento delle pratiche agricole quali ad esempio modifiche volte a garantire che le colture non subiscano effetti dannosi nelle diverse fasi fenologiche (siccità prolungate o grandinate in fase di fioritura o di maturazione dei frutti o ancora piogge intense subito dopo la semina), fino anche a eventuali riconversioni colturali".

Nell'area del Centro-Nord Italia, nel 2006 si è verificata una crisi irrigua già all'inizio dell'estate. E' stato nel bacino del Po che si sono verificate le conseguenze più evidenti delle ridotte precipitazioni e, dato l'anticipo con cui la crisi idrica si è presentata, "sono stati attivati tempestivamente una serie di strumenti di confronto e di gestione delle emergenze, come la Cabina di regia istituita presso l'Autorità di bacino del Po".

Gli andamenti climatici hanno influenzato le disponibilità idriche, il cui andamento, "da ormai 3 anni, desta sempre preoccupazioni in inverno e primavera e all'inizio della stagione irrigua. In tutto il bacino del Po è emersa la difficoltà di recuperare i valori medi storici".

 
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