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Clima: l'Europa si prepara all'invasione dei profughi ambientali PDF Stampa E-mail

Entro una decina di anni l’Europa potrebbe essere chiamata a fronteggiare una nuova emergenza: quella dell’immigrazione ambientale. A sostenere la tesi sono Javier Solana e Benita Ferrero-Waldner, rispettivamente il responsabile della politica estera e il commissario per le Relazioni esterne dell’Unione europea.

Nella relazione presentata a Bruxelles, i due funzionari pongono l’accento sul riscaldamento globale e sui danni che questo fenomeno sta provocando in varie parti del mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo. E sottolineano come alcuni paesi, già duramente colpiti dai cambiamenti climatici, potrebbero dare il via a nuove ondate migratorie, che i due rappresentanti Ue vorrebbero riconosciuta a livello internazionale come ragione valida per l’emigrazione. Secondo Solana e Ferrero-Waldner, si tratta di una delle sette minacce sulla sicurezza che l’Europa si troverà ad affrontare nel prossimo futuro. I due suggeriscono ai paesi membri una maggiore attenzione al tema nella politica estera, concentrando l’attenzione in particolare in Asia, Medio Oriente, Africa e America Latina. Il pericolo maggiore è la destabilizzazione di queste aree, la radicalizzazione etnica, politica e religiosa, l’accrescimento delle tensioni internazionali, e la possibilità che si verifichino carestie, siccità o inondazioni, guerre per l’acqua e le risorse energetiche. Tutti fattori che potrebbero mettere in difficoltà le basi stesse delle Nazioni Unite.
“Il cambiamento climatico è visto come un moltiplicatore in grado di peggiorare le tendenze attuali di tensione e instabilità. La sfida principale da affrontare riguarda il rischio di sovraccaricare Stati e regioni che sono già fragili e inclini al conflitto”, sui quali ricadono interessi che riguardano direttamente l’Europa, spiegano i due funzionari europei. Che ricordano gli appelli dell’Onu lo scorso anno per garantire aiuti umanitari, dedicati a esigenze connesse con i cambiamenti climatici. Già oggi, osservano, la corsa per accaparrarsi risorse energetiche “è motivo di conflitto”. La situazione potrebbe “peggiorare” proprio perché, precisano, “gran parte delle riserve di idrocarburi del mondo sono nelle regioni più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico”. Secondo la relazione, i principali cambiamenti attesi nel corso del secolo riguardano l’arretramento delle coste, la desertificazione, l’innalzamento dei livelli del mare e l’aumento delle catastrofi naturali. Senza dimenticare l’aspetto demografico: l’Europa, attualmente, ha un’età media di 39 anni e costituisce (Russia compresa), l’undici per cento della popolazione mondiale. Nel 2050, tuttavia, secondo le previsioni, i rapporti di forza cambieranno: l’età media salirà a 47 anni mentre la popolazione si aggirerà intorno al sette per cento di quella totale del pianeta. Proprio l’immigrazione, però, secondo i due funzionari, potrebbe contribuire a incrementare e ringiovanire la popolazione del vecchio Continente.

Sull’argomento vedi anche l’articolo del Guardian:

http://www.guardian.co.uk/environment/2008/mar/10/climatechange.eu

e quello relativo all’impatto sulle popolazioni artiche del sito svizzero Swissinfo:

http://www.swissinfo.ch/ita/speciali/cambiamenti_climatici/Tempi_duri_per_le_popolazioni_artiche.html?siteSect=22068&sid=8857617&cKey=1205518022000&ty=st

 
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